Quadro economico nelle città europee
Nella fase attuale della pandemia l’attenzione in Europa è focalizzata sulla consapevolezza del danno economico causato dalle chiusure forzate e sulla protezione delle parti più deboli dell’economia. Il costo finanziario dei prestiti per ridurre al minimo i danni economici a lungo termine provocati sarà immenso. La portata dello stimolo fiscale e monetario è senza precedenti (anche rispetto a quello della grande crisi finanziaria) e riflette la natura senza precedenti di questa crisi.
Il lockdown imposto dai protocolli governativi ha eroso effettivamente un’enorme parte dell’economia nel secondo trimestre del 2020. E sebbene l’attività sia ripresa in parte, molti segmenti dell’economia, in particolare quelli dei viaggi, turismo e del commercio al dettaglio, continuano ad essere in difficoltà, mentre rimangono e si rafforzano ulteriormente le misure di distanziamento sociale. Data la debolezza della domanda interna e internazionale, i dati sull’occupazione (nonostante l’intervento dei governi) continuano ad essere motivo di preoccupazione, poiché ci vorrà molto tempo prima che la fiducia del commercio, delle imprese e dei consumatori si riprenda appieno da questo shock.
La pandemia è il “momento dell’e-commerce” del settore degli uffici?
Vale la pena ricordare che questa non è la prima volta che riflettiamo sulla “morte dell’ufficio”. I precedenti esperimenti con l’hot-desking e il lavoro da casa durante l’era delle dot-com sono stati accantonati quando le aziende hanno rivalutato il ruolo strategico dei loro asset immobiliari.
Dopo la grande crisi finanziaria, l’aumento della densità sui posti di lavoro, combinato con il desiderio di soluzioni immobiliari aziendali più efficienti e flessibili, hanno rafforzato la domanda di uffici in aree urbane ben collegate, accompagnata da una rivoluzione nell’offerta di spazi flessibili. Allo stesso tempo, la sostenibilità, il benessere e un crescente riconoscimento dei vantaggi dello spazio di lavoro collaborativo e comunitario sono stati al centro delle strategie di assunzione e fidelizzazione di molte aziende. Questa pandemia offre alle aziende l’opportunità di valutare cosa funzioni e cosa non funzioni nel lavoro da casa e come esso incida sui diversi stili di lavoro, la produttività, l’innovazione e la cultura aziendale.
Le misure di distanziamento sociale potrebbero cambiare le abitudini in modo permanente, portando le aziende a ridurre la densità dei posti di lavoro, invertendo una tendenza consolidata negli ultimi decenni. Il lavoro da casa consentirebbe anche di avere a disposizione una maggiore superficie disponibile per ciascun lavoratore, senza la necessità di sostenere costi rilevanti per ampliamenti degli spazi. Accelera anche la tendenza già prevalente verso una maggiore flessibilità nel modo di lavorare.
La pandemia ha acceso i riflettori sulle capacità delle aziende di adattarsi rapidamente. Questo rafforzerà il passaggio in corso verso il modello “core and flex”, in base al quale le aziende gestiscono una parte fondamentale del loro portafoglio immobiliare strategico attraverso contratti di locazione a lungo termine, mentre rendono flessibile il resto con accordi di locazione a breve termine. Il lavoro da casa potrebbe contribuire in futuro a dare un ruolo maggiore all’elemento flessibile, aumentando probabilmente la quota di flessibilità nel portafoglio complessivo. Quindi, se la domanda di spazi per uffici in posizione centrale potrebbe ridursi moderatamente nel lungo periodo, le sue dimensioni complessive potrebbero essere compensate da altri fattori. Inoltre, l’evoluzione nel tempo sarà regolata dai futuri rapporti di locazione, che potranno intervenire a moderare eventuali importanti squilibri nel mercato.
Retail: la pandemia continua ad accelerare i problemi già esistenti
Gli investimenti nel retail continuano a non essere favoriti, a causa di difficoltà strutturali e della più recente incertezza nel mercato. Le implicazioni sui prezzi variano a seconda delle aree geografiche e dei segmenti, ma con un mercato degli investimenti ridotto, le transazioni rimangono scarse. Il retail rimane un mix di asset al servizio di diverse esigenze dei consumatori, con caratteristiche fisiche differenti di città in città, determinando performance che variano in modo significativo.
Centro città: i negozi monomarca nei centri commerciali e nelle principali tradizionali vie dello shopping soffriranno ancora a metà della pandemia. I trend degli acquisti sono influenzati negativamente dalla mancanza dei turisti internazionali, dal ridotto utilizzo dei trasporti pubblici e dal limitato afflusso negli uffici situati in posizioni centrali, con una conseguente riduzione della presenza di consumatori in strada nelle ore diurne. Di conseguenza, i commercianti con bilanci deboli faranno fatica a sopravvivere a un periodo prolungato di vendite ridotte e anche le migliori location registreranno una riduzione degli affitti e una diminuzione del reddito operativo netto.
Quartiere: le strutture retail ancorate all’alimentare sono risultate più difensive rispetto ai cambiamenti strutturali pre-pandemia, mostrando un traffico stabile e clienti abituati a rivolgersi a reti di negozi fisici. Durante la pandemia, gli stessi spazi si sono mostrati più resilienti, poiché hanno potuto rimanere aperti anche durante il lockdown. Nel medio termine possono anche puntare ad “incroci” con la distribuzione online, implementando il servizio “click and collect” per mantenere alta la frequenza delle visite da parte dei clienti.
Fuori città: le attività di vendita al dettaglio sono generalmente sostenute da un numero maggiore di visitatori che utilizzano l’auto, che hanno quindi un percorso di accesso più sicuro rispetto ai trasporti pubblici durante la pandemia. A più lungo termine, gli asset fuori città potrebbero risentire di un’inversione del trend relativo al possesso di auto e di politiche nazionali che incrementino l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici. Inoltre i consumatori sono oggi meno disposti a percorrere lunghe distanze per articoli di abbigliamento che possono essere acquistati online, e questo potrà determinare un’ulteriore riduzione del numero di visitatori nei centri commerciali fuori città e un consolidamento del trend di vacancies negli spazi.
La logistica sta reggendo bene alla pandemia
La logistica è emersa come il chiaro vincitore dalla pandemia, con l’accelerazione dello spostamento della domanda dei consumatori verso gli acquisti online. Gli affitti dovrebbero registrare solo lievi cali, principalmente sotto forma di incentivi. Dal punto di vista degli investimenti, il mercato rimane piuttosto attivo e la riduzione dei prezzi è limitata agli asset più rischiosi. Tuttavia, con la recessione in corso, un impatto negativo su alcuni tenant e su specifici sottosegmenti è probabile.
Il settore residenziale conferma la sua natura difensiva
È troppo presto per dichiarazioni radicali sul futuro dell’edilizia residenziale e dei suoi sottosegmenti. È probabile che la pandemia acceleri l’evoluzione già in corso nel settore, che si stava già adattando ai progressi socio-demografici, ambientali e tecnologici. Ma design e focus corretti nei modelli operativi sono di primaria importanza. Un buon design garantisce che il mix di spazi e l’offerta di servizi riflettano il target demografico locale, nonché i migliori standard di sostenibilità, benessere e accessibilità. Il settore sarà giudicato in base alla capacità di reagire alla crisi e avranno successo i property manager che mettono al primo posto gli inquilini, che hanno adattato il loro modello operativo e hanno effettuato investimenti in tecnologia ed ESG.
Continuiamo ad avere fiducia nel settore residenziale. Rimane un settore difensivo con un solido track record e un rendimento previsto positivo, che garantisce stabilità e diversificazione del reddito. Allo stato attuale, è comprensibile che si verifichi una rivalutazione dei progetti in corso e dei nuovi progetti. È probabile che assisteremo a un aumento delle richieste di garanzie (leve di riduzione del rischio) mentre il potere decisione si sposta dagli sviluppatori agli investitori e appaltatori e operatori cercano di comprendere l’evoluzione delle esigenze dei consumatori con un occhio alla convenienza. Ma i problemi di finanziamento potrebbero causare un’ulteriore riduzione dell’offerta.
Prima della crisi, gli yield elevati nel settore residenziale europeo sono stati sostenuti da un mercato in cerca di sicurezza e rendimento, con buone prospettive di crescita degli affitti a medio termine, a causa di uno squilibrio tra domanda e offerta. Gli investitori possono accettare ora costi del debito più elevati e ipotesi di crescita inferiori nelle loro valutazioni, ma a lungo termine, il settore build-to-rent rimane interessante, con elementi sia strutturali che legati al mercato sostanzialmente sani. Quello che cambia in diverse parti d’Europa è la maturità del settore. Rendimenti extra possono essere ottenuti entrando per primi in un mercato in evoluzione o in forte crescita, o attraverso il riposizionamento o il cambio di destinazione d’uso degli asset. Allo stato attuale l’opportunità è legata all’avere la giusta credibilità e la capacità di accogliere il cambiamento nei comportamenti aziendali e dei consumatori.
Le prospettive immediate per le residenze per studenti appositamente costruite (PBSA) sono un più incerte, nel contesto dell’insegnamento misto (online e classe), di possibili chiusure delle università e di una mobilità comunque limitata. Ma le richieste degli studenti per l’anno accademico 2020/2021 sono state comunque incoraggianti e, sebbene i piani aziendali più conservativi siano prudenti in relazione alla domanda a breve termine, è talmente scarsa l’offerta di alloggi per studenti che le prospettive a medio termine per il settore rimangono convincenti, anche se con maggiori pressioni operative.