Secondo quanto riportato dallo studio “La transizione delle aziende europee”, l’85% delle organizzazioni industriali europee e non europee è consapevole della nuova direttiva europea sulla sostenibilità aziendale, la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Tuttavia, circa tre quarti delle aziende hanno ancora grandi difficoltà nell’adeguarsi ai requisiti ESG previsti dalla legge. Oltre alla crisi energetica, la difficoltà nella ricerca di personale qualificato e la carenza di specifiche competenze sono le maggiori preoccupazioni.
In un terzo dei casi, inoltre, i dati non adeguatamente organizzati impediscono la trasparenza indispensabile per una maggiore sostenibilità. Lo studio ha coinvolto più di 440 top manager provenienti da 19 paesi europei, intervistati per conto di Aras, vendor della piattaforma tecnologica Aras Innovator.
Le aziende del settore industriale hanno da tempo riconosciuto l’importanza di posizionarsi strategicamente come aziende sostenibili. Infatti, il 90% delle aziende che hanno partecipato all’indagine hanno espresso la convinzione che l’adozione di azioni sostenibili sia essenziale per conseguire il successo economico a lungo termine.
L’attuale scenario richiede un’azione immediata: non è più sufficiente per le aziende adottare un’immagine “green” superficiale. Nel contesto dell’iniziativa Green Deal dell’Unione Europea, la politica ha posto l’economia di fronte a una scelta cruciale. A partire dal 2024, circa 50.000 aziende dell’UE saranno tenute a pubblicare informazioni dettagliate e attendibili sulla sostenibilità ambientale (Environmental), sociale (Social) e di governance (Governance) secondo standard completi.
“Per garantire il massimo vantaggio operativo, i produttori richiedono un livello elevato di trasparenza riguardo ai dati del prodotto durante tutte le fasi della produzione. Questa trasparenza è fondamentale per adempiere agli obblighi di reportistica ESG e prevenire potenziali sanzioni”, afferma Luigi Salerno, Country Manager di Aras Italia.
Tracciabilità delle materie prime e maggiore trasparenza nella supply chain. Le nuove normative di reporting non si applicano solo alle aziende operanti all’interno dell’UE, ma anche ai fornitori provenienti da paesi come Svizzera o Regno Unito, poiché questi hanno un impatto significativo sull’intero ESG-Footprint di un prodotto in quanto parte della supply chain.
“I produttori che necessitano di una maggiore tracciabilità delle materie prime e di una maggiore trasparenza nella supply chain richiederanno dati sulla sostenibilità ai loro fornitori diretti”, aggiunge Salerno.
Nonostante ciò, il 72% delle aziende coinvolte nello studio ha ancora difficoltà a conformarsi ai requisiti di sostenibilità futuri previsti dalla legge.
Le tradizionali analisi manuali non sono più sufficienti per soddisfare i nuovi obblighi di reportistica sulla sostenibilità aziendale. La soluzione è rappresentata dalla digitalizzazione. “Attraverso un’applicazione PLM, le informazioni sui prodotti e sui processi vengono fornite in modo trasparente lungo l’intero ciclo di vita, creando una base solida per lo scambio di dati tra aziende e la tracciabilità necessaria nel contesto della CSRD”, spiega Luigi Salerno.
“Secondo lo studio, le aziende che utilizzano già un Product-Lifecycle-Management (PLM) sono in media molto più preparate alle nuove esigenze ESG rispetto alla concorrenza. Una strategia di sostenibilità ben pensata basata su un PLM consente alle aziende non solo di evitare multe, ma anche di produrre prodotti ecologici in modo economicamente vantaggioso”, conclude Salerno.
L’indagine “La transizione delle aziende europee” è stata condotta alla fine dell’autunno 2022 e ha coinvolto 442 dirigenti di 19 Paesi europei. I partecipanti all’indagine operano in aziende con un fatturato minimo di 40 milioni di euro nei seguenti settori: automobilistico, aerospaziale e della difesa, ingegneria meccanica, medicale, chimico, farmaceutico e alimentare.
A cura di Tommaso Mazziotti
Presidente D.d.A. Cred.it Riscossioni Srl
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