Tanti soldi, ben 2,2 miliardi di euro per i comuni al di sotto dei 5 mila abitanti. L’obiettivo è l’installazione di circa 2.000 MW di nuova capacità di generazione elettrica, con l’apporto congiunto delle comunità e dell’autoconsumo, per una produzione di circa 2.500 GWh annui, che porterebbe ad una riduzione della CO2 di 1,5 milioni di tonnellate/anno. Con il prezzo dell’elettricità in continua crescita è semplice immaginare la felicità dei sindaci e dei cittadini che sono riusciti ad accedere a un’iniziativa pubblica impervia dal punto di vista burocratico, ma che da qualunque lato la si guardi ha ricadute positive. «Nella primavera 2020, da quando esistono le norme sulle comunità energetiche, un megawattora costava 20 euro. Ora siamo a oltre 500» spiega Sara Capuzzo, presidente della cooperativa “ènostra”, che effettua consulenze per chi vuole imbarcarsi in questa avventura. Avventura che però, nella maggior parte dei casi, è destinata a non approdare da nessuna parte, soprattutto per la carenza delle leggi che dovrebbero definire regole e incentivi. Le lacune, promettono al Mite, Ministero per la transizione ecologica, dovrebbero essere colmate entro dicembre, e infatti Valeria Amendola, direttrice generale della sezione approvvigionamento, efficienza e competitività energetica del Mite, ha dichiarato: «Ci stiamo lavorando, anche insieme ad Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia e le reti, perché loro devono stabilire le condizioni di interconnessione nella rete, ma sono fiduciosa, entro la fine dell’anno le norme saranno complete, anche con l’ammontare degli incentivi». Di tempo, eppure, non ne è passato poco, da quando l’Europa nel 2019 ha emanato la direttiva Red II, secondo la quale nel 2030 l’Unione avrebbe dovuto produrre il 32% della sua energia da fonti rinnovabili. L’Italia si è affrettata a recepire la parte della direttiva che prevedeva le comunità energetiche alla fine del 2019, ma con grossi limiti di potenza degli impianti e di distanza fisica tra i membri. Poi, a dicembre del 2021, ha recepito la direttiva per intero, dando ampio respiro alle comunità energetiche con il decreto legislativo 199 dell’8 novembre 2021. Salvo poi mancare di approvare i decreti attuativi e le tabelle degli incentivi. Alle comunità energetiche, tra l’altro, sono legati 2,2 miliardi di finanziamenti del Pnrr per i comuni con meno di 5mila abitanti. Accanto alla scheda del progetto ora è scritto un laconico “da avviare”.
L’Italia aveva già avviato un meccanismo di incentivazione sperimentale grazie all’entrata in vigore del decreto Milleproroghe con la disciplina transitoria per le comunità energetiche rinnovabili (decreto-legge 162/19) Articolo 42 bis e dei relativi provvedimenti attuativi, quali la delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MiSE che prevede il contributo economico riconosciuto dal GSE. Poche settimane il Senato ha dato l’ok alla legge di delegazione europea 2019/2020 (legge53/2021in vigore dall’8 maggio) che incarica il Governo a recepire la direttiva 2018/2001 e 2019/944.
Eppure i vantaggi, com’è chiaro, non sarebbero pochi e a spiegarli è Marco Raugi, responsabile della cattedra Unesco in “comunità energetiche sostenibili” dell’Università di Pisa: «Non risolveremo certo il problema del gas russo, ma se le comunità energetiche si diffondessero a macchia d’olio potrebbero anche coprire i consumi domestici del paese. Resterebbero da alimentare le industrie, soprattutto quelle energivore, ma sarebbe un grosso passo avanti». Il consumo dell’energia “a chilometro zero” cancella poi i problemi di trasporto. «Sappiamo – prosegue Raugi – che il trasporto dell’energia provoca dispersioni. Quando il consumo avviene vicino al luogo di produzione abbiamo il massimo dell’efficienza» e conclude con: «E’ una transizione culturale, prima ancora che energetica. Eravamo abituati all’elettricità che ci arrivava in casa da chissà dove. Dovremo invece diventare noi stessi produttori dell’energia che consumiamo».
Ad aver effettuato questa “transizione culturale” è stato il Sindaco Mignogna che ha avuto la lungimiranza e la tenacia di credere in un progetto, ai tempi ancora sconosciuto e burocraticamente al limite del possibile, che ha reso il magnifico borgo di Biccari un punto di riferimento energetico di tutto il Paese.