Roma, 3 gennaio – Ad ottobre 2022 è stato registrato il più alto tasso di occupazione in Italia (60,5%) che però continua ad essere contemporaneamente il più basso dell’intera Ue a 27. Qual è quindi il reale stato del mercato del lavoro italiano? Lo indaga l’ultima ricerca della Fondazione Di Vittorio.
Occupazione in Italia, il rapporto
Il rapporto, analizzando alcuni aspetti fondamentali, mette in luce una situazione occupazionale non rosea così come invece è stata raccontata da commenti quasi univoci e trionfalistici. Innanzitutto la FDV evidenzia che non è la prima volta che gli occupati superano 23 milioni (23 milioni e 231 mila a ottobre 2022). Era già accaduto nel 2018, nel 2019 e nel 2008, l’andamento quindi ha recuperato il periodo pre-pandemico, ma è sostanzialmente stazionario. Il tasso di occupazione, secondo quanto emerge dall’analisi, cresce prevalentemente non per l’aumento degli occupati, ma per la drastica diminuzione della popolazione in età da lavoro: gli occupati, rispetto a febbraio 2020, sono +157mila, ma la popolazione in età di lavoro cala di -677mila.
La popolazione occupata invecchia
Inoltre, l’occupazione invecchia. Gli occupati over 64 dal 2008 ad oggi sono quasi raddoppiati e gli occupati over 50 rappresentano circa il 40% del totale dell’occupazione. Il problema demografico in prospettiva rischia di divenire drammatico perché le proiezioni di medio periodo (a 20 anni) prevedono un drastico calo della popolazione in età di lavoro. Altro aspetto analizzato è la qualità dell’occupazione.
Le tipologie di contratto per l’occupazione in Italia
Tra i circa 23 milioni di occupati del 2008, 2,3 milioni erano tempi determinati e 1,3 milioni part-time involontari; tra i circa 23 milioni di occupati attuali circa 3 milioni sono tempi determinati e 2,7 part-time involontari. Anche per questo, le ore medie lavorate da un occupato dipendente sono inferiori a quelle del 2008 e quasi le stesse del 2019, nonostante l’aumento dell’occupazione registrato ad ottobre. Infine, il tanto enfatizzato tasso di occupazione italiano è il più basso dell’Europa a 27. Il tasso europeo è del 70% (+ 9,7% rispetto all’Italia), quello della Germania supera il 77%, ma perfino Grecia e Spagna e tutti gli altri paesi dell’est europeo hanno tassi superiori al nostro.
Il commento del presidente di FDV
Per il presidente della Fondazione Di Vittorio Fulvio Fammoni: “Per dare un giudizio realistico sullo stato attuale dell’occupazione italiana non bisogna dunque prendere in considerazione solo il numero totale di occupati o il tasso di occupazione; occorre considerare tutte le sue dinamiche, a partire innanzitutto dall’esponenziale aumento di precarietà e part time involontario che, come i dati dimostrano, non sono positive, peraltro in un anno, il 2022, in cui l’economia cresce sensibilmente”.
L’occupazione cresce ancora troppo poco
Secondo la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti: “Nel nostro Paese l’occupazione cresce ancora troppo poco, cresce soprattutto per gli occupati over 64, cresce più precaria e povera, continua a penalizzare giovani e donne”. Per la dirigente sindacale “la legge di Bilancio recentemente varata non mette in campo risposte adeguate, anzi alcune scelte rappresentano un attacco ai più poveri e aumentano la precarietà con l’allargamento del lavoro occasionale. Inoltre vengono ridotte le risorse per sanità, scuola e welfare, e si incrementa l’iniquità fiscale.
L’assenza di investimenti
Infine, l’assenza di forti condizionalità sugli investimenti rischia di peggiorare un quadro già allarmante”. “Le strade che il nostro Paese dovrebbe percorrere, anche grazie alle risorse del Pnrr, sono quelle degli investimenti condizionati alla crescita di lavoro di qualità, a partire dai settori pubblici, del contrasto alla precarietà, dell’investimento e della valorizzazione delle competenze dei lavoratori, del diritto alla formazione permanente, delle politiche industriali per garantire una crescita sostenibile e forte. Strade – conclude Scacchetti – che devono essere percorse per non aggravare quella crisi demografica che descrive purtroppo un Paese in un inesorabile declino”.
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