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Negli ultimi anni, l’uso del pagamento elettronico in Italia è cresciuto esponenzialmente, spinto dalla digitalizzazione, dagli incentivi per ridurre l’uso del contante e dalle normative che obbligano gli esercenti ad accettare pagamenti con carta di qualsiasi importo. Tuttavia, dietro la comodità del POS (Point of Sale) si nascondono costi che pesano sulle spalle di commercianti, artigiani e professionisti.

Il costo di accettare pagamenti elettronici si compone di diverse voci:

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  • Commissioni per transazione: sono una percentuale sull’importo di ogni pagamento con carta. Questa percentuale varia in base al contratto stipulato con la banca o il fornitore del servizio POS, al tipo di carta utilizzata (credito, debito, prepagata) e al circuito (Bancomat, Visa, Mastercard). Le commissioni tipiche si aggirano tra lo 0,5% e il 2% per transazione.
  • Canone mensile del POS: alcuni fornitori applicano una tariffa fissa per il noleggio del terminale, che può variare dai 10 ai 50 euro al mese, a seconda del modello (fisico o mobile) e delle funzionalità aggiuntive offerte.
  • Costi di installazione: anche se spesso promozionali o azzerati, alcuni esercenti pagano una tantum per l’attivazione del servizio.
  • Spese per servizi aggiuntivi: alcuni contratti includono costi per funzioni come la stampa di report, la gestione dei resi o l’assistenza tecnica.

Per un piccolo esercente, queste spese possono rappresentare una fetta significativa dei margini di profitto, soprattutto quando il volume d’affari è basso o i pagamenti elettronici sono di importo ridotto.

Gli esercenti di dimensioni più ridotte, come bar, ristoranti e negozi di quartiere, spesso subiscono maggiormente il peso delle commissioni. A differenza delle grandi catene, che possono negoziare tariffe vantaggiose grazie a volumi di transazioni elevati, le piccole imprese pagano commissioni mediamente più alte, poiché hanno una minore forza contrattuale.

Un altro problema è legato ai micro-pagamenti, ovvero transazioni di pochi euro. In questi casi, la commissione minima applicata da alcuni fornitori può essere particolarmente penalizzante, riducendo al minimo i guadagni. Per esempio, su un pagamento di 2 euro con una commissione minima di 0,20 euro, l’esercente perde il 10% del valore della transazione.

Le commissioni POS sono diventate oggetto di dibattito politico in Italia, con alcune categorie che hanno sollecitato il governo a introdurre misure di riduzione o compensazione dei costi. Tra le proposte più discusse troviamo:

  • Incentivi fiscali: negli ultimi anni, sono stati introdotti crediti d’imposta per compensare parte delle commissioni pagate dagli esercenti, fino al 30% per i micro-pagamenti.
  • Soglie di esenzione: alcune associazioni di categoria hanno chiesto l’esenzione totale dalle commissioni per pagamenti inferiori ai 10 euro, per proteggere gli esercenti dai costi sproporzionati.
  • Regolamentazione europea: la Direttiva sui Servizi di Pagamento (PSD2) ha fissato limiti alle commissioni per i pagamenti con carta, ma il suo impatto sulle piccole imprese resta limitato.

Nonostante i costi, l’uso del POS offre anche vantaggi significativi per gli esercenti:

  • Maggiore sicurezza: riducendo l’uso del contante, diminuiscono i rischi legati a furti e rapine.
  • Aumento delle vendite: i consumatori tendono a spendere di più quando utilizzano carte rispetto al contante.
  • Trasparenza fiscale: i pagamenti elettronici favoriscono una contabilità più precisa e riducono il rischio di errori.

Tuttavia, molti esercenti si chiedono se questi benefici compensino i costi diretti e indiretti, soprattutto in un contesto economico difficile, dove ogni margine è essenziale per sopravvivere.

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