L’estate 2024 sarà ricordata come una delle più critiche per il Sud Italia sul fronte della siccità. L’emergenza idrica, alimentata da mesi di scarse precipitazioni e temperature eccezionalmente elevate, ha raggiunto livelli allarmanti, mettendo in ginocchio settori chiave come l’agricoltura e accentuando le difficoltà delle comunità locali. Regioni come Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia sono al centro di una crisi che non è solo ambientale, ma anche economica e sociale.
Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale sulle Risorse Idriche, ad agosto 2024 il livello delle riserve idriche nei bacini del Sud Italia è ai minimi storici, con una riduzione media del 40% rispetto agli anni precedenti. Questo fenomeno non riguarda solo i grandi invasi, ma anche le falde acquifere, la cui ricarica è stata ostacolata da precipitazioni invernali inferiori alla norma e da una gestione inefficiente delle risorse. L’Irpinia, definita da molti esperti l’epicentro del disastro idrico, rappresenta un caso emblematico, con sorgenti storicamente generose ora ridotte a un flusso irrisorio.
L’agricoltura è il settore più colpito, con effetti devastanti su colture strategiche come grano, olive, pomodori e uva. La mancanza d’acqua per l’irrigazione ha portato a cali di produzione che oscillano tra il 30% e il 50%, con conseguenze dirette sui prezzi e sulla redditività delle aziende agricole. A soffrire non sono solo i piccoli agricoltori, ma anche le grandi imprese agroalimentari, che vedono compromessa la filiera produttiva e la possibilità di rispettare gli impegni commerciali sui mercati nazionali e internazionali.
La crisi idrica sta inoltre mettendo sotto pressione le infrastrutture esistenti, molte delle quali si rivelano inadeguate a fronteggiare l’emergenza. Perdite idriche nella rete di distribuzione, spesso superiori al 40%, aggravano una situazione già critica. In molte zone rurali e periferiche, le interruzioni nella fornitura d’acqua potabile sono diventate quotidiane, costringendo i cittadini a ricorrere ad autobotti e a razzionamenti. Questa crisi non è solo il risultato di condizioni climatiche estreme, ma anche di una gestione poco lungimirante delle risorse idriche. Gli esperti sottolineano come l’assenza di una pianificazione strategica a lungo termine, unita alla frammentazione delle competenze tra enti locali, regionali e nazionali, abbia peggiorato la situazione.
Nonostante i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevedano investimenti significativi per il miglioramento delle infrastrutture idriche, molti progetti sono ancora in fase di avvio, ritardando interventi cruciali.
In questo contesto, l’impatto economico è già evidente. La crisi idrica potrebbe causare una contrazione significativa del PIL agricolo nelle regioni meridionali, stimata tra l’1% e il 2% su base annua. Ma le ripercussioni non si fermano all’agricoltura. Anche il turismo, settore trainante per il Sud Italia, risente della situazione, con località costiere e montane che faticano a garantire un’adeguata gestione delle risorse idriche durante la stagione estiva, quando la domanda raggiunge i picchi massimi.
Non mancano, tuttavia, esempi virtuosi e proposte innovative per affrontare l’emergenza. Alcuni consorzi agricoli hanno introdotto sistemi di irrigazione di precisione, che consentono un utilizzo più efficiente dell’acqua, riducendo gli sprechi. Altre realtà stanno investendo nel riutilizzo delle acque reflue depurate, una pratica ancora poco diffusa in Italia ma che potrebbe rappresentare una soluzione sostenibile a medio termine.
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