Diffondiamo le principali dichiarazioni rilasciate da Fabio Natalucci, Vicedirettore del Fondo monetario internazionale per i Monetary and Capital Markets, intervenuto nel corso dell’evento del Sole 24 Ore Fintech Day sui temi della transizione ecologica e della finanza.
Dal punto di vista del lavoro fatto dal Fondo monetario internazionale per i Monetary and Capital Markets sui rischi della stabilità finanziaria legata al clima, abbiamo realizzato una serie di capitoli nel Global Financial Stability Report, che è focalizzato su questi temi. Parliamo in generale di due tipi di rischio: il tipo di rischio fisico, che ha a che fare con inondazioni, periodi di secca, con uragani e così via. Questo tende ad avere un impatto particolare per quanto riguarda l’istituzione finanziaria. Per fare un esempio le assicurazioni. C’è tutta una discussione qua negli Stati Uniti, in alcuni Stati in particolare, tipo la Florida o la California, in cui ci si chiede se le assicurazioni continueranno a provvedere ai servizi per quanto riguarda la copertura per le inondazioni, giusto per fare un esempio. Il secondo tipo di rischio è quello invece legato alla transizione.
Valutazioni sul rischio fisico nel mercato azionario
Abbiamo fatto del lavoro per quanto riguarda la valutazione dell’impatto del rischio fisico nel mercato azionario circa un paio di anni fa e il risultato che nel 2020 era che la valutazione del rischio fisico nei mercati azionari era ancora abbastanza limitata quindi non era riflesso nelle valutazioni dei mercati azionari globali, e che c’erano dei fattori che potevano avere un impatto, in particolare per quanto riguarda il prezzare questi rischi. Il primo è la forza dello Stato sovrano, quindi la capacità dello Stato sovrano di intervenire se c’è bisogno di supporto fiscale e poi la penetrazione delle assicurazioni. Il risultato finale, comunque, era che almeno negli ultimi 2 anni, la valutazione dei mercati azionari ancora non era sul rischio fisico che ancora era abbastanza limitato.
Valutazioni sui rischi legati alla transizione ecologica
Poi abbiamo fatto del lavoro sul rischio di transizione climatico per i fondi di investimenti nel 2020 c’erano circa 50 trilioni nel settore dei fondi di investimento e meno di quattro erano nel settore ESG e di quello solo circa 130 milioni erano nel settore legato al clima. Quindi ancora un settore molto piccolo, che comunque ha delle potenzialità. Per quanto riguarda come votano questi fondi a favore dei temi climatici, incoraggiare l’emissione di titoli ad aziende che hanno un rating ESG più favorevole.
E soprattutto per benefici di stabilità finanziaria limitati al fatto che hanno un orizzonte temporale più lungo, quindi tendono ad essere meno volatili. E poi abbiamo avuto il capitolo, che è stato appena pubblicata a Marrakech, ad ottobre, una settimana fa, dove di fatto andiamo a guardare quali sono i rischi e opportunità per la transizione climatica e quindi il ruolo della finanza, in maniera particolare nei paesi emergenti.
5 trilioni di dollari per arrivare a ‘Rifiuti Zero’
Secondo le stime della International Eight Energy Agency, per arrivare a Net Zero entro il 2050 c’è bisogno di 5 trilioni di dollari di investimento all’anno. Di cui due di questi sono i paesi emergenti, considerando i flussi di oggi, significa un aumento di circa 5 volte o in termini di investimento passare da un investimento che è circa il 3%, in termini temi climatici, a circa il 12%. C’è tutta una serie di barriere tipiche di paesi emergenti: per quanto riguarda per esempio il rating, solo il 50% di questi paesi hanno un investment grade, che limita per esempio la possibilità di tutta una serie di investimenti per fondi che hanno un mandato fiduciario limitato a investment grade, barriere particolari, paesi emergenti legati alla disponibilità di progetti, alla disponibilità dei capitali, alla presenza di sussidi che attirano il capitale privato.
Il divario tra politica e istituzioni finanziarie
Abbiamo anche guardato qual è il ruolo delle istituzioni finanziarie e al momento sembra ci sia un gap abbastanza significativo tra quelle che sono le politiche e i commitment di tipo climatici rispetto a quelle che sono poi le azioni delle istituzioni finanziarie e delle banche che le assicurazioni prendono. Quindi tutta una serie di barriere per attirare il capitale privato nel settore climatico, nei paesi emergenti. Senza questi flussi di capitali questi paesi si troveranno di fronte a problemi di stabilità finanziaria. Ecco, stamattina, oltre al Climate finta che abbiamo parlato anche di euro digitale, quindi di valuta digitale, di di Banca centrale che si stanno diffondendo un po in tutto il mondo, di tokettizzazione di nuovo modo di fare banca di nuovi attori nei servizi finanziari.
Il ruolo della finanza nella transizione ecologica
Sì, il ruolo della finanza è importantissimo non solo nei paesi emergenti, particolarmente nei paesi emergenti ma anche nei paesi più avanzati. Siamo usciti dal Covid con livelli di debito molto elevati sia nei paesi avanzati che nei paesi emergenti. Molti paesi hanno una posizione fiscale che deve essere migliorata allo stesso tempo per combattere l’inflazione le banche centrali hanno alzato i tassi negli Stati Uniti siamo tornati a livelli di tassi, per esempio precedenti alla crisi del 2007 e 2008. Questo ha un impatto non solo nei paesi avanzati, ma particolarmente nei paesi emergenti quindi c’è meno disponibilità di capitale pubblico e il capitale pubblico e il capitale privato sono più costosi.
Rischi e benefici della transizione ecologica e digitale
Per quanto riguarda rischi e le opportunità, circa un anno fa abbiamo guardato a quelli che sono i digital bank, o newbanks, come sono chiamate qui negli Stati Uniti, analizzando sia i costi che i benefici. Da quest’ultimo, c’è la possibilità di ridurre costi, di aumentare l’efficienza, aumentare la competizione e soprattutto aumentare l’inclusione finanziaria, quindi l’accesso ai servizi finanziari al pubblico. Ci sono però anche dei rischi che possono avere implicazioni per la stabilità finanziaria.
Uno di questi ha a che fare con la crescita molto veloce con una base di clienti che è più giovane, che spesso ha redditi più limitati e con queste banche che vanno in settori che sono più rischiosi. In particolare il capitolo guarda a circa 40 banche, 40 newbanks prese in circa 20 paesi e dal punto di vista dei rischi, abbiamo identificato il rischio di prendere più rischio nei prestiti che sono originati da queste banche senza avere appropriato provisioning, quindi accumulare soldi per quanto riguarda il rischio di credito. Il secondo rischio è la rischiosità più elevata del portafoglio di fix income. E poi il terzo rischio è legato a un framework per la gestione dei rischi di liquidità non ancora adeguata.
Comunicato Stampa
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