Continua senza sosta la nostra Azione, di cui al “Progetto D. M. 10 agosto 2020, art. 2 e Avviso Mise del 30 settembre 2020 per la destinazione delle risorse riferite all’emergenza sanitaria da Covid-19 da parte delle Regioni, ai sensi dell’art.148 L. 388/2000 – Iniziative a vantaggio dei consumatori”, volta a sanare situazioni di Sovraindebitamento delle famiglie, che in questo particolare pandemico si ritrovano, loro malgrado, in obiettive difficoltà economiche, con il fondato rischio di perdere il loro bene più prezioso “la propria abitazione” frutto di tanti sacrifici.
Attraverso la Sezione Attività Economiche Artigianali e Commerciali della Regione Puglia “Dirigente la pregevole Dott.ssa Francesca Zampano e l’onnipresente insostituibile ed infaticabile Funzionaria Dott.ssa Giulia De Marco”, abbiamo avuto come associazione Movimento Consumatori, la possibilità di potenziare i nostri Sportelli Territoriali, ed i frutti non sono tardati a giungere, ovvero già diverse penose situazioni hanno trovato soluzione, attraverso la Legge 3/2012 “Legge su Sovraindebitamento”, e/o mediante “Saldo e Stralcio” dell’intera situazione debitoria. In ordine di tempo, l’ultima famiglia che ha potuto beneficiare del nostro operato è stata una di Foggia, che l’Istituto Bancario Creditrice aveva già ottenuto l’avvio della Procedura di Vendita all’Asta della loro unica abitazione, per mancato pagamento delle rate di mutuo.
E’ logico il dover pensare “senza conoscere l’intera vicenda” che, l’Istituto di Credito bene ha fatto “per recuperare le somme erogate per l’acquisto dell’immobile” porlo all’asta, in considerazione del fatto che, il debitore non ha adempiuto a quanto contrattualmente stabilito, ovvero al preciso e puntuale pagamento delle rate mensili. Ma, avendo piena contezza delle vicissitudini patite da parte dei malcapitati debitori, ci si può rendere conto che il più delle volte, sia per occorse non prevedibili cause, che per mancanza di buonsenso ed elasticità dei creditori, si pone con le spalle al muro un intero nucleo famigliare.
E’ opportuno quindi, nel caso di specie, scendere nei dettagli, al fine di poter meglio comprendere l’incresciosa situazione, in cui “due onesti e meritevoli coniugi” si sono ritrovati: -i coniugi in questione, perché godevano di una solida situazione lavorativa “entrambi impiegati in un’Azienda privata”, avevano richiesto ed ottenuto un Mutuo fondiario per acquisto prima casa, che puntualmente per oltre sette anni, provvedevano ad onorare il pagamento della rata mensile contrattualmente stabilita. Improvvisamente e senza opportuno preavviso, causa crisi del mercato ed esubero personale dell’Azienda, si vedevano sospesi dal lavoro “senza cassa integrazione, ma con la sola prevista disoccupazione”, con ovvio conseguenziale sensibile riduzione del reddito mensile. Al verificarsi dell’inaspettato evento, immediatamente si recarono presso l’Istituto di Credito, documentando l’incresciosa situazione, chiedendo una necessaria rinegoziazione del Mutuo, al fine di poter ridurre la rata mensile in essere. Contrariamente alle legittime aspettative, ricevettero un netto perentorio diniego, il che costrinse i malcapitati, a fare una scelta “pagare la rata di mutuo e non far sopravvivere l’intero loro nucleo familiare formato anche da piccola prole” o “essere morosi nei confronti della Banca e continuare a vivere in maniera quasi decorosa”.
Ebbene, in considerazione del fatto che, la rata del mutuo ammontava a circa €.1.000,00, e che loro ne percepivano attraverso la disoccupazione circa €.1.300,00 complessive, non c’era tanto da scegliere… con sole €.300,00 mensili, non avrebbero potuto sfamare e mandare a scuola i figli, non avrebbero potuto pagare le vitali utenze domestiche e quant’altro… Decisero quindi, di non pagare l’obbligazione. A dire il vero, hanno anche tentato di depositare mensilmente €.500,00, per parziale pagamento della rata di mutuo, al fine di non decadere dal beneficio del termine, ma anche questo tentativo, atto a dimostrare comunque la volontà di non volersi esimersi dall’impegno assunto, non venne considerato, in quanto dopo nove mesi di morosità, l’Istituto inoltrava Racc. A/R, nella quale comunicava l’unilaterale decisione di “decadenza del beneficio del termine” e iscrizione dei debitori “in blacklist dell’apposita Banca Dati.
Dopo due anni circa, entrambi i coniugi, venivano riassunti regolarmente sempre dalla stessa Azienda, e perché ritornati ad avere la primitiva redditività mensile, si recarono nuovamente in Banca, sia per dare la buona notizia, che per richiedere il tornare in bonis. Ma anche questa volta, vennero sorpresi dal fatto che, detto Istituto di Credito aveva, nel frattempo ceduto il credito in sofferenza ad altra Società, e dovevano quindi interpellare questa. Interpellata la nuova Società creditrice, la stessa si mostrava disponibile al rientro, ma per il richiesto rientro in bonis, dovevano innanzitutto pagare in un’unica soluzione il debito pregresso ammontante a circa €.22.000,00, e nel contempo onorare le rate mensili scadenti di circa €.1.000,00. Cosa assolutamente impossibile per i debitori, poiché a seguito del lungo periodo di inattività, non potevano disporre di cotanta somma, e ne tanto meno, potevano richiedere ulteriore credito ad una qualsivoglia Società Finanziaria, perché a seguito dell’insolvenza, erano iscritti nel Registro dei Cattivi Pagatori.
A cura di Bruno Maizzi
Vicepresidente Nazionale
Associazione Movimento Consumatori