Advertisement

“Le competenze digitali sono un importantissimo strumento di inclusione sociale perché permettono la partecipazione attiva al lavoro di domani e, di conseguenza, allo sviluppo del Paese che verrà. Non possiamo consentire che il digitale diventi un ulteriore strumento di esclusione ed emarginazione”: questa la ferma convinzione di Assuntela Messina, Sottosegretaria di Stato al nuovo Ministero dell’Innovazione Tecnologica e la Transizione digitale, guidato da Vittorio Colao.

Nella squadra del Governo Draghi dal 24 febbraio scorso, originaria di Barletta, la Sottosegretaria con grinta e abnegazione si sta attivando affinché la gigabit society non resti una promessa, ma diventi realtà in tempi ragionevoli. Si punta in alto, con connessioni a 1Gbps in tutta Italia entro i prossimi cinque anni, perché oggi più che mai si deve puntare sull’innovazione e sulla digitalizzazione, diritti primari dei cittadini.

Advertisement



In diversi momenti si è parlato del piano di transizione digitale ponendo l’accento sulle infrastrutture per colmare il Digital divide, questo anche prima dell’obiettivo europeo del 2030. La pandemia ha mostrato i limiti delle nostre infrastrutture: è davvero un aspetto così prioritario?
Indubbiamente è un aspetto prioritario. L’emergenza pandemica è stato uno stress-test che ha messo in risalto le debolezze del Sistema Paese in molti ambiti. Il divario digitale è emerso con più forza rispetto ad altre criticità, soprattutto a causa delle caratteristiche di questa crisi sanitaria, in cui il distanziamento sociale è stato il primo argine al rischio di contagio, obbligando a utilizzare le modalità di lavoro agile o la didattica a distanza. In questo contesto, molte famiglie e tante imprese si sono trovate impreparate o del tutto sprovviste dei mezzi per potersi adattare alle nuove modalità di studio o di lavoro. Se già prima del Covid-19 l’adeguamento infrastrutturale del nostro Paese era sentita come un’esigenza a cui rispondere con urgenza, dopo l’esperienza dell’ultimo anno sappiamo che lo sviluppo di un’infrastruttura di reti fisse e mobili ad altissima capacità è una priorità assoluta per garantire non solo la crescita economica del Paese, ma anche per permettere ai cittadini di esercitare pienamente i loro diritti, come quello all’istruzione. L’obiettivo che ci poniamo è ambizioso: garantire connessioni a 1 Gbps su tutto il territorio nazionale entro il 2026, con qualche anno di anticipo rispetto all’obiettivo europeo. A prescindere dalle tecnologie utilizzate, è fondamentale fare in fretta per permettere a cittadini e imprese di cogliere i benefici della trasformazione digitale e per realizzare pienamente la promessa della gigabit society.



Gli investimenti per la transizione digitale rappresentano, nelle varie declinazioni, la fetta più importante del recovery fund. Ci saranno nuove modalità per assicurare l’efficacia degli impatti raggiunti, oltre che la formale coerenza di spesa nei vari bandi e iniziative di finanziamento a cascata?
Tutto il Piano è soggetto a un rigido sistema dotato di un coordinamento centralizzato, svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze, con il controllo costante dela Commissione europea e degli enti attuatori degli interventi. Ogni amministrazione poi, per gli interventi di propria competenza, sarà responsabile dei controlli sulla regolarità delle procedure e delle spese, resi più semplici dal fatto che è prevista una contabilità separata per l’utilizzo delle risorse del PNRR. Insomma, rispetto all’ordinario controllo amministrativo per l’utilizzo di risorse finanziarie e in linea con quanto raccomandato dalla Commissione, sul PNRR ci saranno attività di verifica e controllo molto serrate, per prevenire ed evitare irregolarità e garantire l’efficace ed efficiente realizzazione degli interventi.

La società del futuro è tutta orientata al digitale, ma anche attenta alla sostenibilità ambientale e certamente flessibile per rispondere ad ogni situazione. Le misure che verranno messe in campo permetteranno una reale integrazione tra queste dimensioni? In che modo?
L’impianto del Piano italiano di Ripresa e Resilienza è fortemente incentrato sulla transizione digitale e su quella ecologica, che ne costituiscono a tutti gli effetti i due pilastri. Questi non sono pensati come politiche di settore o misure circoscritte ma, al contrario, come veri e propri processi di trasformazione della società e dell’economia nazionale, che procedono in parallelo e in perfetta integrazione. La sostenibilità ambientale è un’esigenza irriducibile se si intende prendere sul serio la lotta ai cambiamenti climatici, come l’Italia e l’Europa si sono da tempo impegnati a fare. Non è un caso che tutti gli interventi previsti dal Piano siano sensibili all’impatto ambientale, tanto da essere stati valutati e approntati in linea col principio del “non arrecare danni significativi” all’ambiente (“do no significant harm” – DNSH) che ispira tutto il Next Generation EU. Anche in fase di attuazione, dunque, non mancherà l’attenzione verso l’aspetto dell’impatto e della sostenibilità degli interventi da realizzare.

Come il Ministro ha confermato in diverse interviste, c’è grande attenzione alle persone, che sono il vero fulcro della transizione digitale. L’Europa punta sul reskilling per combattere disoccupazione e rispondere alla crescente necessità di figure specialistiche in ambito tecnico digitale. Avete già ipotizzato delle modalità di attuazione? Si prevedono tutte misure mediate da enti quali scuole, università, Digital hub e incubatori o anche misure dirette sulle fasce più colpite dalla crisi economica dovuta la pandemia?
Portare a termine ogni singolo intervento previsto in materia di transizione digitale senza accompagnare i cittadini, la Pubblica Amministrazione e le imprese verso un serio percorso di acquisizione e consolidamento delle competenze digitali vorrebbe dire aver compiuto uno sforzo del tutto inutile. Le persone sono e devono essere al centro del nostro PNRR e, in particolare, dell’opera di digitalizzazione del Paese. I dati ci dicono che in Italia più della maggioranza dei cittadini non possiede competenze digitali di base. Di conseguenza, non può che essere il primo punto all’ordine del giorno la realizzazione di misure mirate per dare a tutti, a partire dalle categorie più escluse o a maggior rischio di esclusione, gli strumenti necessari per sfruttare le tante opportunità offerte dal mondo digitale. Il PNRR prevede, infatti, interventi specifici per formare le persone alla digitalizzazione e sviluppare nuove competenze, che vanno dal rafforzamento delle competenze digitali del personale scolastico, dei docenti e degli studenti, passando per un rilevante investimento sugli ITS e una nuova centralità dei percorsi di studio STEM, fino ad arrivare a tutti gli strumenti che saranno messi a disposizione delle imprese per puntare sulla formazione del loro capitale umano. Ne sono un esempio le varie possibilità fornite da Transizione 4.0, attraverso il quale anche le PMI potranno beneficiare di strumenti e incentivi per la valorizzazione e l’upskilling digitale del loro personale.

A cura di Maria Pia Romano



Advertisement