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I risultati degli ultimi sondaggi di Linkedin su mondo del lavoro e donne, non si discostano dai precedenti e nessuno di questi fa approdare sulla spiaggia della positività, al solito stipendi più alti e posizioni di vertice appartengono agli uomini. Oltre a guadagnare più delle donne in tutte le fasce di età, gli uomini percepiscono anche un aumento medio della retribuzione maggiore rispetto alle donne. In Italia la retribuzione media annua delle donne è più bassa del 43,7% rispetto a quella degli uomini.

I dati di Eurostat, le donne manager

Il dato dipende soprattutto dalla difficoltà delle donne di accedere ai ruoli di vertice. Secondo Eurostat in Europa 1 manager su 3 è donna. In Italia la proporzione scende a 1 su 5, ne consegue una discesa del Paese agli ultimi posti della classifica europea. Più si guarda verso le posizioni apicali, più le donne restano sotto al cosiddetto «soffitto di cristallo». Essere donna in Italia significa guadagnare meno degli uomini, differenza di retribuzioni e opportunità, condizione rimarcata anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi, durante il suo discorso programmatico al Senato del mese scorso. Non esiste però nessuno studio scientifico che connoti la leadership secondo il genere e all’epoca del COVID-19, tutto peggiora.

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Le differenze tra uomo e donna aumentate in pandemia

E allora perché queste differenze? Le donne vogliono e possono avere successo nel mondo del lavoro senza rinunciare alla propria identità, con regole, linguaggi e riti in uso da imparare e utilizzarli a proprio vantaggio o, almeno, non inciamparci. Vuol dire anche non rinunciare alle caratteristiche distintive del comando al femminile, né alla propria cifra. Tutto questo non è facile, è un talento. La differenza salariale tra uomo e donna, a parità di competenze, nel 2020 aveva ricominciato ad allargarsi, mentre fino al 2018 aveva visto una leggera ma progressiva riduzione delle disparità.

La ricerca di ODM Consulting

Secondo una ricerca di ODM Consulting, società di consulenza HR di GI Group, il terzo trimestre dello scorso anno, ha visto registrare un calo dell’8,7% della busta paga di lavoratrici e professioniste, rispetto a quella dei colleghi maschietti. Nel nostro Paese il tasso di occupazione delle donne è uno dei più bassi in Europa, visto che già prima della pandemia, nel 2019, si attestava intorno al 50,1% contro il 68% degli uomini. Una dinamica che in Italia si inserisce in un contesto già difficile ma c’è da ammettere che l’emergenza sanitaria abbia finito per dare un duro colpo a guadagni e prospettive occupazionali.

I settori più colpiti quelli nei quali la forza lavoro è in gran parte femminile ossia commercio al dettaglio, servizi ricreativi e alla persona. Eppure le donne sono istruite come e quanto gli uomini (più del 50% dei laureati in Italia è donna, con votazioni in media più alte degli uomini), maturano competenze analoghe ma sono ancora sotto-rappresentate.

Le donne abbandonano il lavoro con i figli

Troppo spesso la donna abbandona il lavoro dopo la nascita dei figli e, ancora oggi, solo il 9% delle posizioni di top management è occupato da donne (SDA Bocconi). Alcuni studi fanno risiedere il problema nella sola cultura aziendale italiana, ma forse sarebbe prima ancora da ravvisare nella cultura in generale italiana, con tracce di maschilismo e macismo ancora evidenti fino ad arrivare ad espressioni più drammatiche con i femminicidi. Per la risoluzione del problema cultura aziendale, secondo gli esperti di ODM Consulting, bisogna intervenire su alcuni punti: cultura e organizzazioni basate sulle diversità e la trasparenza nei progressi; ricompensa e benessere che si traducono in: equo stipendio e reinserimento delle donne nel mondo del lavoro, soprattutto se neomamme; talento e prestazione ossia guardare con oggettività ai percorsi di sviluppo; ambiente di lavoro da intendersi come flessibilità oraria, lavoro agile e valorizzazione della diversità delle persone.

Gli stereotipi di genere nel mondo del lavoro

Gli stereotipi relativi ai ruoli, da sempre, hanno voluto che debba essere l’uomo a provvedere alle necessità economiche della famiglia (27,9%), che, cosa non del tutto vera, per l’uomo più che per la donna sia importante avere successo nel lavoro (32,5%) e che sempre lui sia poco adatto ad occuparsi delle faccende domestiche. Convinzioni che pesano come macigni se si considera a come sono effettivamente ripartiti i carichi di lavoro domestico tra donne e uomini (4h08’ al giorno per le prime, 1h47’ per i secondi). Una sproporzione che non riguarda solo gli adulti ma coinvolge anche figlie e figli minori, per giunta atteggiamento che nel tempo, alimenterà quella cultura macista (più forte nel sud Italia) a sfavore delle ragazze.

Conclusioni

Riassumendo: lo stereotipo tradizionale, che si manifesta in un atteggiamento di bassa legittimazione dei colleghi uomini verso le colleghe; se sei una donna sei più adatta a fare la moglie e la madre piuttosto che la manager; lo stile di leadership, che impone alle donne di aderire a stili maschili per emergere non è visto di buon occhio, se una donna è determinata e molto diretta viene subito tacciata di aggressività, stesso atteggiamento attuato da un uomo lo rende agli occhi dell’azienda un manager preparato; la competizione in famiglia che si traduce in una contrattazione con il proprio partner per ottenere sostegno alle logiche di carriera. Intanto il mondo del lavoro, tra aziende e istituzioni, perde ogni giorno l’opportunità di sfruttare numerose risorse e competenze per nulla valorizzate.

A cura di Simona de Donato

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